Era il canto della formazione ossolana comandata da Filippo
Beltrami (noto come "il Capitano") e le parole sarebbero
dovute ad Antonio Di Dio, che si ispirò ad una preesistente
canzone dei bersaglieri. Aristide Marchetti narra di averlo ascoltato
per la prima volta il 23 dicembre del '43, allorché il
gruppo dei fratelli Di Dio si fuse con quello di Beltrami, dando
così vita alla brigata Patrio-ti Val Strona, ecco le sue
parole: "Il 23 dicembre avvenne l'incontro, cordialissimo,
festante. Gli uomini di Di Dio vengono avanti cantando un inno
bersaglieresco. E un motivo bellissimo. Non altrettanto le parole
che Antonio mi mostra, scarabocchiate a matita su un foglio. Sono
sue. "Marciar, marciar..." leggo sottovoce canticchiando.
Esprimo il mio parere. Sorride. "Non è la veste che
conta", mi dice. Ridiamo insieme. Ormai amicizia è
fatta".23 Il gruppo di Beltrami fu quasi completamente annientato
nella battaglia di Megolo del 13 febbraio 1944 e in quell'occasione
caddero lo stesso Beltrami e il Di Dio. In seguito il canto è
divenuto patrimonio comune di tutte le formazioni che operavano
nell'Ossola, in Valsesia e nel Biellese e ha subito varie commistioni
fondendosi con altri componimenti.
E sotto il sole ardente, con passo accelerato, cammina
il partigiano, con zaino affardellato, cammina il partigiano,
che stanco mai si sente, cammina allegramente, con gioia e con
ardor.
Marciam, marciam,
marciam, ci batte il cuore,
s'accende la fiamma, la fiamma dell'amore, s'accende la fiamma,
la fiamma dell'amore, quando vedo un partigian passar.
Non c'è tenente né capitano
né colonnello, né generale,
questa è la marcia dell'ideal - dell'ideal; un partigiano
vorrei sposar.
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