AUTORE:
Francesco Guccini ANNO: 2004
Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare
Respiro al largo, verso l’orizzonte.
Genova, repubblicana di cuore, vento di sale,
d’anima forte.
Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carruggi,
parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi.
Genova, quella giornata du luglio, d’un caldo torrido
d’Africa nera
Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera.
Nera o blu l’uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia;
facce e scudi da Opliti, l’odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane
Guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare,
una voce spezzava l’urlare estatico dei bambini.
Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini.
Uscir di casa a vent’anni è quasi un obbligo, quasi
un dovere,
piacere d’incontri a grappoli, ideali identici, essere e
avere,
la grande folla chiama, canti e colori, grida e avanza,
sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza.
Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione.
Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione.
Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia
E uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia.
Si rompe il tempo e l’attimo, per un istante, resta sospeso,
appeso al buio e al niente, poi l’assurdo video ritorna
acceso;
marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite
dissipate e disperse nell’aspro odore della cordite.
Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore,
ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.
Per quanti giorni l’odio colpirà ancora a mani piene.
Genova risponde al porto con l’urlo alto delle sirene.
Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,
dico nobili uomini, danno l’implacabile giustificazione,
come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare,
una vita troncata, tutta una vita da immaginare.
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,
c’è traffico, mare e accento danzante e vicoli da
camminare
La Lanterna impossibile guarda da secoli gli scogli e l’onda.
Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonia.
La “salvia splèndens” luccica, copre un’aiuola
triangolare,
viaggia il traffico solito scorrendo rapido e regolare.
Dal bar bar caffè e grappini, verde un’edicola vende
la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita.
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