Il massacro dei trecentoventi

Testo inserito da L.

 

Padre Celeste, Iddio di tanto amore

d'una forza mia musa o gran sovrano,

un fatto orrendo che mi strazia il cuore

e mentre scrivo mi trema la mano.

 

Roma, giardino di rose e di fiori

sei comandata da un popolo strano

per dominare la nostra capitale

non spera bene chi ci portò il male.

 

Via Romagna, Via Tasso, principale

ventitrè marzo fu la ricorrenza

di chi ci fe' passar tempi brutali

li tedeschi lo presero a-avvertenza.

 

Misero gran pattuglia a ogni viale;

chi s'ha da vendicà, no ha più pazienza,

chi cui bombe a mano, chi cui rivultella:

tedeschi morti pe' la via Rasella.

 

La notizia pe' Roma non fu bella;

il Comando tedesco fa li piani:

"Ogni vittima nostra si cancella,

vale col prezzo di dieci romani."

 

Presero chi già stava nella cella:

se l'avventorno peggio de li cani.

Il carro 99 s'incammina

chi è condannato pe' la ghigliottina.

 

Il ventiquattro marzo

alla mattina a Regina Coeli

presso le porte presero questa gente -poverina-

innocenti li portano alla morte

 

neanche se fosse carne selvaggina

-o gran Dio onnipotente, in te so' forte-

parte l'autocolonna, si distese

giusto all'imbocco delle sette chiese.

 

Alle ore diciassette sono scesi,

le SS fecero un confino,

presso le grotte a squadre sono presi

pe' fa rifugio a chi sfollò a Cassino.

 

Cu a fulla a falsità fu palese:

già stava pronto quel boia assassino

certo che (?) il mastro giustiziere

finchè c'ha vita non potrà godere.

 

La gente in vista -dovete sapere-

raffiche di mitraglia udir si sente

-Dio dall'alto dei cieli stà a vedere,

abbi pietà di una misera gente.-

 

Trecentoventi restano a giacere

la tortura fu data "So' innocente!"

po' 'e mine nelle grotte fe' saltare

pe' potere li morti seppellire.

 

(?) Parola incomprensibile

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