Autore:
Spartacus Picenus (Raffaele Offidani) Anno 1919
Quel
che si avanza è uno strano soldato.
Viene da Oriente e non monta destrier./ La man callosa ed il viso
abbronzato,/ è il più glorioso di tutti i guerrier./ Non ha pennacchi
e galloni dorati,/ ma sul berretto scolpiti e nel cor/ mostra un
martello e una falce incrociati:/ gli emblemi del lavor! Viva il lavor!
E' la Guardia Rossa/ che marcia alla riscossa/ e
scuote dalla fossa/ la schiava umanità.
Giacque vilmente la plebe in catene/ sotto il tallon dell'iniquo padron:/
dopo millenni di strazi e di pene/ l'asino alfine si cangia in leon./
Sbrana furente il succhion coronato/ spoglia il nababbo dell'or che rubò,/
danna per fame al lavoro obbligato/ chi mai non lavorò, non lavorò.
E' la Guardia Rossa/ che marcia alla riscossa/ e scuote dalla fossa/ la
schiava umanità.
Accorre sotto la rossa bandiera/ tutta la folla dei lavorator:/ rimbomba
il passo dell'epica schiera/ sopra la tomba del mondo che muor./ Tentano
invano risorgere i morti;/ tanto a che vale lottar col destin?/ Marciano
al sole più ardenti e più forti/ le armate di Lenin! Viva Lenìn!
E' la Guardia Rossa/ che marcia alla riscossa/ e scuote dalla fossa/ la
schiava umanità.
Quando alla notte la plebe riposa/ nella campagna e nell'ampia città,/
più non la turba la tema paurosa/ del suo vampiro che la svenerà./ Ché
sempre veglia devota e tremenda/ la Guardia Rossa alla sua libertà:/ la
tirannia cancrenosa ed orrenda/ più non ritornerà, non tornerà!
Ché la Guardia Rossa/ già l'inchiodò alla fossa, /nell'epica
riscossa/ dell'umanità
|