Canto dei mietitori

Autore: M. Rapisardi                                    Anno  1893

La falange noi siam dei mietitori e falciamo le messi a lor signori.

Ben venga il So1 cocente, il SoI di giugno che ci arde il sangue e ci annerisce il grugno e ci arroventa la falce nel pugno, quando falciam le messi a lor signori.

Noi siam venuti di molto lontano, scalzi, cenciosi, con la canna in mano, ammalati dall'aria del pantano, per falciare le messi a lor signori.

I nostri figlioletti non han pane
e, chi sa?, forse moniran domane,
invidiando il pranzo al vostro cane...
E noi falciam le messi a lor signori.

Ebbro di sole, ognun di noi barcolla~ acqua ed aceto, un tozzo e una cipolla ci disseta, ci allena, ci satolla, Falciam, falciam le messi a quei signori.
Il sol cuoce, il sudore ci bagna, suona la cornamusa e ci accompagna, finché cadiamo all'aperta campagna. Falciam, falciam le messi a quei signori.

Allegri o mietitori, o mietitrici:
noi siamo, è vero, laceri e mendici, ma quei signori son tanto felici! Falciam, falciam le messi a quei signori.

Che volete? Noi siam povera plebe, noi siamo nati a viver come zebre ed a morir per ìngrassar la plebe. Falciam, falciam le messi a quei signori,

O benigni signori, o pingui eroi, vengano un po dove falciamo noi:
balleremo il trescon, la ridda e poi... poi falcerem le teste a lor signori.

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